22 giugno 2012

Al di là della religione


Già da qualche tempo, leggendo alcune dichiarazioni e scritti del Dalai Lama, mi sembrava che la sua posizione fosse quantomeno ambigua. Da una parte infatti egli si presenta come un'autorità spirituale tradizionale, e si eleva (più o meno tacitamente) a guida non solo dei buddisti tibetani o degli orientali, ma di tutti gli uomini di fede; dall'altra stringe però solidi  rapporti di amicizia con i potenti del globo. Ma dopo tutto, quest'ultimo punto potrebbe riflettere solamente una moda in voga tra i capi spirituali, visto che qualcosa di simile è stato fatto anche dagli ultimi papi.
Con la pubblicazione dell'ultimo libro del rispettabilissimo Tenzin Gyatso credo comunque che questa ambiguità venga finalmente meno. Anche solo il titolo è decisamente eloquente: "La felicità al di là della religione". Questo titolo è ad ogni modo azzeccato, perché nel libro il Dalai Lama sostiene che ormai "la religione non può, da sola, fornire una risposta a tutti i nostri problemi", ma che grazie al progresso oggi disponiamo della psicologia, delle neuroscienze e della "biologia evolutiva", che sono in parte in grado di colmare questo vuoto. Si arriva persino ad un elogio del laicismo (a cui è dedicato un intero capitolo), inteso come principio che sta alla base della tolleranza reciproca e del "rispetto per tutte le fedi, così come per chi non ne segue alcuna".
Non mancano nemmeno un encomio del democraticismo (in totale contraddizione col principio ierocratico del Lamaismo Tibetano) e degli espliciti riferimenti ad un "mondo unito":
"gli ideali di libertà e democrazia si sono diffusi nel mondo intero e assistiamo a un crescente riconoscimento dei fattori che accomunano gli esseri umani, facendo dell'umanità una cosa sola".
Anche questo può forse essere considerato uno dei segni dei tempi.